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Chi si aspettava alla vigilia una serie così semplice? Dai, non fate i falsi veggenti... Nessuno poteva prevederlo. Il doppio 3-0 rifilato alla terza in classifica rilancia le nostre farfalle, ribalta certi pronostici che alla vigilia sembravano già scritti, e regala dentro e fuori dal campo lo stesso ignorante entusiasmo che può avere un liceale americano idiota durante lo spring break. Una sontuosa Wolosz ha ucciso partita e serie insieme alle altre sei sgherre sul taraflex (Arrighetti e Buijs hanno letteralmente provato ad abbattere Merlo, l'unica delle sconfitte ad essersi salvata), mentre Bergamo non trovava uno straccio di mordente nè in avanti, nè nelle retrovie.
Ora ci tocca Conegliano, e non è che l'esito sia così scontato: è lecito sognare? Ai posters l'ardua sentenza.
Detto questo, cambio radicalmente argomento e vi dico una cosa: Novara, Perugia, Chieri, Bergamo, Forlì, Altamura, Imola, Jesi, Pesaro, Santeramo, Sassuolo, Busto Arsizio. Chi sa di cosa sto parlando?
Se avete indovinato bravi per la memoria, se avete atteso di leggere la risposta bravi lo stesso per la pazienza: è la prima serie A1 a cui la Futura volley abbia partecipato, anno di grazia 2007.
Francamente l'effetto che mi fa è... Paura. Perchè, anche se sembra il mesozoico, sono passate sei fottutissime stagioni sportive. Questo è ciò che è successo nello stesso periodo in cui un bambino passa da neonato a studente di prima elementare: Novara non è la stessa Novara attuale, questa era di amministrazione Caserta e ha "subìto" la fusione con Villa Cortese lo scorso anno, quindi è morta. Perugia, dominatrice ad anni alterni con la Foppa, ha resistito altre 4 stagioni prima di mollare completamente il colpo. Chieri si è spostata a Torino, ha preso Piccinini nonostante grossi casini tra sponsor e pagamenti, e non è stata ammessa al campionato in questa stagione. Forlì è la stessa Forlì di oggi, con identici vertici, passando però tra trasferimenti un po' ovunque, promozioni a tavolino e campionati ai limiti del ridicolo. Altamura e sua sorella Santeramo hanno vivacchiato per poco, poi per motivi diversi sono finite a ballare in Puglia Puglia Puglia. Imola, che in realtà era Vicenza, è arrivata in finale di Challenge Cup, poi è tornata in Veneto, quindi ha salutato la ciurma. Jesi... Jesi! La società dei Pieralisi è rimasta ai vertici fino alla fine dei suoi giorni, non riuscendo mai a raccogliere il frutto di una fracca di investimenti; un giorno il patron si è stufato, e della società marchigiana si è cominciato a parlare al passato. Sempre nelle Marche, Pesaro iniziava in quell'anno il periodo stupendo che l'ha portata sul trono d'Italia per 3 stagioni consegutive; ha cessato l'attività solo dopo aver visto che non c'era più nulla da fare, senza regalare fuffa ad atlete o tifosi, e già questo merita apprezzamento. Sassuolo, grande avversaria di Busto anche in A2, era partita con grandi ambizioni e ottime intuizioni (qualche nome? Ha regalato il primo spot da titolare a una certa Lucia Bosetti, ha portato in Italia una certa Helena Havelkova), per poi chiudere bottega dopo un paio di stagioni in paradiso.
Converrete con me che questa è una mattanza. E siamo solo all'inizio! Volete un altro elenco? Castellana Grotte, Cesena (che in realtà era Altamura, che in realtà è Urbino, che in realtà domani chi lo sa se mai esisterà), la Conegliano di Lucchetta, Parma, la Modena con lo sponsor-fuffa, Giaveno, Crema, probabilmente Ornavasso, e soprattutto la nostra amata-odiata nemesi: Villa Cortese. Queste sono le vittime delle successive sei fottutissime stagioni sportive. Nel limbo restano solo Piacenza, che è arrivata a regnare dopo una fusione tra le due società cittadine, e Pavia, che un bel po' di casini coi dindini lo ha avuto. La crisi, la mancanza di lungimiranza, il mancato ritorno economico o - nel peggiore dei casi - alcune gestioni fraudolente hanno ucciso tutte queste realtà sportive, alla faccia di continuità, tradizione e campanilismo.
Quali sono le uniche due costanti di tutta questa valle di lacrime? Quali sono le uniche due società senza uno straccio di cambiamento, inciucio o casotto?
Una è quella per cui facciamo il tifo, scudettata ma relativamente giovane.
L'altra è quella che abbiamo appena eliminato dai playoff, ed è semplicemente il simbolo del volley italiano.
La Foppapedretti Bergamo ha mostrato a tutti quanto sia ampia la forbice tra "capitale" e
"investimento": se hai il primo, ti serve l'intuito per il secondo. Immagino che dalle parti di Castellanza, fino ai confini della provincia di Milano, a qualcuno stiano ancora fischiando le orecchie. In più, la Foppa è passata attraverso cento versioni e mille vite diverse: possiamo permetterci di essere ai vertici? Non vinciamo, ma stravinciamo. Il budget si riduce? Passiamo dall'essere la favorita d'obbligo ad essere una delle pretendenti, senza fare un plissè. Le rossoblù hanno portato alto in Europa il nome della città orobica che rappresentano, ricavando dalle istituzioni bergamasche molto, ma molto meno di quello che avrebbero meritato: basterebbe parlare delle beghe di un palazzetto storico e ribollente di passione, ma assolutamente inadeguato per la società che è ancora l'ultima campionessa continentale di marca tricolore (e chissà per quanto lo sarà).
Girano voci bruttissime sul destino prossimo venturo del club che fu, ed è, la più grande fucina delle atlete da Nazionale. Il volley italiano, e lo sport italiano in generale, non possono permettersi di perdere Bergamo. Sarebbe la spallata più forte che si possa dare a un movimento già ai limiti del KO.
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