(credit varesenews.it)
E così, ieri c'è stato l'esordio ufficiale di Cisky Marcon in veste di capitano UYBA. Non è arrivata una vittoria (e sticazzi, un punto l'abbiamo portato via!), ma comunque una buona prova "tostezza" - o tostitudine? - per una squadra ancora rabberciata nel sestetto titolare.
La nativa di Conegliano è al quarto anno in biancorosso, conosce l'ambiente come nessuna e da tempo ha mandato a memoria la lezione del coach; non potevano esserci grossi dubbi sull'assegnazione dei gradi alla numero 7. Certo, non ha la fama internazionale nè lo sguardo cattivo di un'Arrighetti, ma già le gesta di Piske nelle ultime fasi della partita contro l'Azeryol (punto dell'11-13, esultanza in disparte e susseguente servizio-mozzarella sulla schiena di Garzaro nel momento topico del match) dovrebbero essere sufficientemente emblematiche: il centralone di Genova è una guerriera solitaria, non una trascinatrice.
Nello sport ammeregano si fa un continuo riferimento agli intangibles, ovvero tutte le caratteristiche tecniche che non vanno a referto ma che aiutano il team a vincere, relativamente a ciò che avviene sul terreno di gioco; allo stesso modo l'investitura a capitano nasconde i suoi segreti, le sue pieghe impossibili da trovare su un foglio di statistiche (e per questo, appunto, non tangibili). Cisky ha più volte dimostrato di saper mettere il proprio talento al servizio della squadra e di fare la cosa più utile nel momento del bisogno, già questo è un ottimo punto di partenza; sarà però in grado di prendere in mano il bastone del comando?
Tra tutte le farfalle che si sono avvicendate nel ruolo dall'approdo in A1, infatti, a mio avviso solo una è stata in grado di emergere chiaramente come "total package" da condottiera della Futura.
Non lo è stata Viganò, prima capitana dell'era Yamamay: è stata coadiuvata da personalità debordanti sia sotto il profilo dell'esuberanza (Nico Luciani) che sotto quello della tranquillità infusa alle compagne (Jettie Fokkens), tutte doti non sue. A metà dell'ultimo anno di Naty a Busto, il cambio in corsa Buckova-Ritschelova ha regalato alle farfalle il definitivo salto di qualità: calma, consapevolezza dei propri mezzi ed esperienza da vendere, un autentico totem.
Non lo è stata Borri, lucida follia troppo spesso fine a sè stante: nel 2009/10 è venuta fuori un'annata a dir poco bizzarra, la peggiore cavalcata in A1 assieme al primo trionfo europeo. Da fuori non è sembrata una squadra molto unita negli intenti nè particolarmente affiatata, come mostrato dalla chiusura di stagione assai burrascosa.
Non lo è stata Serena, fresca regista biancorossa nel 2010/11. E se nell'anno precedente era evidente un basso livello di affiatamento, qui si è rasentato il fondo scala... A prima vista si è trattato di un comandante mai in grado di guadagnarsi il rispetto di tutta la ciurma.
Non lo è stata Bauer, e mi piange il cuore ammetterlo: sia ben chiaro che sulle nostre sponde non si era mai visto un centrale così decisivo, ma sono state troppe le occasioni importanti in cui alla francese è sembrata difettare la cattiveria agonistica. E quando i "cojones" mancano a chi dovrebbe trascinare le compagne, beh: tanti auguri!
Consentitemi ora un salto temporale per spendere due parole su Barbara De Luca, co-capitana con Borri nell'anno della prima CEV. Ricordo le sue prestazioni sul taraflex con lo stesso piacere che potrei provare infilandomi un paio di forbici nel dorso della mano. In una stagione ha azzeccato 3 partite; certo, due di queste sono il primo storico derby e il ritorno dei quarti CEV contro Schwerin, però il totale si può contare sulle dita di una mano (la stessa mano di prima, a cui avrei potuto tagliare pure 2 inutili falangi con le suddette forbici). Eppure, EPPURE, pare che sia stata proprio lei a insegnare qualche cosina in fatto di leadership a un cerbiattino 20enne nato in Repubblica Ceca... Di cui parlo appunto ora.
Lo è stata Helena Havelkova? Assolutamente sì, e i frutti si sono visti.
Giovane ma già matura, sfacciata ma col sorriso, fortissima nella mente prima che nel corpo. In grado di guadagnarsi il totale rispetto dei fan (vogliamo parlare del "gran rifiuto" a Modena e Villa Cortese?), ma soprattutto dell'intera squadra. Un esempio da seguire, una fame di vittoria da fare invidia ai mostri sacri della disciplina. E portatrice sana di una caratteristica che ritengo fondamentale, ovvero la totale sicurezza nelle proprie azioni. Un tacito modo di comunicare a qualsiasi compagna "tranquilla, ci sono qua io"... Per non parlare di ciò che queste sue serafiche certezze incutevano al di là della rete. Il merito di Helena non è stato quello di portarsi tutto il team sulle spalle, quanto piuttosto quello di indicare la via lastricata d'oro alle fanciulle in maglia rossa, di responsabilizzarle una per una.
Questo il recente passato con cui Marcon dovrà confrontarsi: non si tratta di condurre le farfalle a chissà quali trionfi, ma di dimostrare di saper onorare uno dei ruoli più iconici nel mondo dello sport. Occorrono doti come Carisma e Coraggio; anche un pizzico di Culo (così accontento pure i birbantelli che hanno frainteso il titolo di questo post) può aiutare a mettere tutto al posto giusto, ma serve un Campione per sfruttare gli assist della dea bendata. Un campione con un Cuore grosso così.
Insomma, mille significati e mille sfaccettature si possono associare a quella "C" stampata sui referti.
..."C" come Cisky, giusto?
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